Ho aggiornato il contenuto della pagina il 16 Ottobre 2020

Destinazione grande Nord: Saariselka, Lapponia Finlandese, 250 Km oltre il Circolo Polare Artico. Tre notti per avvistare l’aurora boreale.

Sì solo tre notti, un lungo weekend per inseguire un sogno. Sono partita il 27 febbraio con mia figlia Piera: volo su Helsinki e da qui su Ivalo (circa un’ora e mezza di volo), l’aeroporto più settentrionale della Finlandia. Meno 17° C al mio arrivo. Il mio albergo è in mezzo ad un bosco di conifere, si chiama Kakslauttanen arctic resort, e la mia stanza è in realtà un meraviglioso cottage di legno con una cupola di vetro a mo’ di igloo. Qui lo chiamano Kelo igloo perché interamente fatto con i tronchi dei pini artici secolari, i kelo appunto. Dentro ci sono un grande letto di legno, un camino in pietra, sedia a dondolo, un angolo cottura e la sauna. E poi una camera con il tetto ad igloo per vedere il cielo e aspettare l’aurora.

il nostro Kelo cottage igloo

L’husky safari

Il risveglio è in un bosco innevato, silenzioso e immobile. Le luci dell’alba sono quasi evanescenti qui. A piedi, attraversando il bosco, un ponticello su un fiume coperto di neve, si raggiunge la baita del ristorante per la prima colazione. Alle 11 partenza per il nostro Husky safari: indossiamo le tute artiche per proteggerci dal freddo e via sulla slitta trainata da sei cani. Piera è in piedi alla guida, io comodamente seduta in slitta. I cani corrono nella neve, immense distese bianche. C’è un sole meraviglioso, adrenalina e bellezza. Ci fermiamo per una pausa in una tenda lappone per una bevanda calda e biscotti allo zenzero intorno al fuoco. Si chiamano kota queste tende fatte con pali di legno e pelli di renna, sono come i teepee degli indiani d’America e sono state a lungo le prime abitazioni del popolo Sami.

A caccia dell’aurora in motoslitta

Ceniamo alle 18 e poi via in motoslitta alla ricerca dell’aurora boreale. È buio, temperatura esterna –16° C. Piera guida la motoslitta. C’è una falce di luna che rischiara poco la notte artica, percorriamo più di venti chilometri e ci fermiamo nel nulla, in mezzo ad un pianoro di neve fresca. La guida accende un falò in mezzo alla neve, distende pelli di renna per terra e ci stringiamo tutti intorno al fuoco. Fa freddo, nonostante la tuta termica. In una grande teiera di ghisa la guida prepara qualcosa di caldo: è un succo di mela, mirtillo e uva. È bollente e nelle kuksa, le tazze di legno fatte a mano intagliando radici di betulla, ci scalda le mani. Il cielo sopra le nostre teste è una coperta di stelle. Rimontiamo in sella, nessuna luce stanotte. Il ritorno verso casa però all’improvviso viene interrotto da uno stop improvviso: “Turn off the light”, grida la guida. E nel buio artico ecco uno sbaffo di luce nel cielo, è appena accennato, un’aurora quasi impercettibile. Eppure è là, davanti a noi.

Il popolo Sami e le renne

Destinazione Purnumukka, minuscolo villaggio Sami per conoscere da vicino cultura e tradizioni di questo antico popolo del nord. Ci accoglie Pentii, 61 anni, con suo figlio Rudolf nella loro fattoria: una piccola casa dalle pareti rosse, una kota e un recinto per le renne. Nella lingua Sami ci sono 400 parole per descrivere le renne, animali preziosi che danno latte e carne per sfamarsi, pelli per scaldarsi e costruire tende, corna e ossa per fare utensili e coltelli. E poi gambe e forza per trainare carri e slitte, per i lavori agricoli e gli spostamenti. Da sempre la storia del popolo Sami si intreccia con questi animali meravigliosi. C’è una slitta ad attenderci e una renna pronta a partire. Le tute termiche e una coperta di lana sulle gambe e si va. È dolce l’andare. Scivoliamo tra le nevi di questo angolo remoto del mondo. Dove la luce elettrica è arrivata nel 1989, dove si vive isolati con poco. Dove le temperature possono scendere sotto i trenta gradi centigradi. La slitta si infila tra le conifere della taiga, la foresta artica. Poi chiacchiere intorno al fuoco della kota, bevanda calda e dolci alla cannella. Pentii intona un canto Sami e ci salutiamo.

 

L’ultima notte

È la nostra ultima notte in Lapponia. E che notte. Resterà per sempre nei miei occhi quello spettacolo, quel freddo tagliente che mi ha quasi paralizzato le dita delle mani mentre cercavo di fare fotografie. I primi sbaffi di luce verde arrivano inaspettati intorno alle 20.30. Suona l’Aurora Alarm. Ci sono -22°C, il cielo è terso, capiremo dopo che sono le condizioni ottimali per l’aurora boreale. Un primo grande arco di luce, come un arcobaleno, squarcia la notte artica. Corriamo verso una zona più buia, lontano dalla baita, nel bosco. Ecco allora le luci verdi danzare nel cielo. Uno sciame di luce che cambia forma: archi, sbuffi, pennellate sfumate nel buio. Più di un’ora di spettacolo. Dicono che siano i venti solari a contatto con il campo magnetico terrestre, questioni di elettroni e protoni. Ma a me piace credere ai vecchi sciamani del popolo Sami: l’aurora boreale porta con sé mistero e poteri magici, è energia cosmica. E mi piace credere che quella notte sia stata un dono.

aurora boreale, 29 febbraio 2020

 

Viaggio fatto dal 27 febbraio al 1 marzo 2020 con mia figlia Piera. Ho volato Finnair da Roma Fiumicino su Helsinki e poi Ivalo (e vi consiglio il bagaglio a mano visto che il mio non è mai arrivato a destinazione!).