Ho aggiornato il contenuto della pagina il 12 Febbraio 2021

Il tam tam di immagini sul web è iniziato questa mattina poco prima dell’alba. Corre veloce sui social. Stupore!

In piazza del Plebiscito giace un bambino in marmo bianco, di grandi dimensioni (200 X 100 X 100 cm) in posizione fetale con una grossa catena di ferro come cordone ombelicale. È una scultura di Jago, l’artista italiano, all’anagrafe Jacopo Cardillo, classe 1987, che scolpisce il marmo.

L’opera lasciata in Piazza del Plebiscito nella notte, con la complicità della Fondazione San Gennaro, si chiama Look down, guarda in basso. L’assonanza alla parola del momento, lock-down è voluta ed è una chiara provocazione. È un monito, quello dell’artista. Un invito a guardare i più fragili, chi è solo in questa condizione di grande inquietudine.

<Il significato della mia opera? Andatelo a chiedere a tutti quelli che, in questo momento, sono stati lasciati incatenati nella loro condizione>.

Ha il volto corrucciato, il bambino. È rannicchiato su se stesso, solo in questa immensa piazza, mai stata così vuota e silente come ora. È incatenato a terra. Abbandonato, stanco. Come un homeless. Il corpo nudo, indifeso, sembra come  schiacciato sotto il peso del cielo grigio di novembre.

È un segno forte, efficace nella sua rappresentazione. Non è casuale la sua collocazione nella piazza simbolo dell’arte a Napoli, terreno d’azione di tanti artisti di fama internazionale.

I passanti si fermano, si interrogano, scattano foto. C’è chi  si avvicina, chi accarezza il marmo, chi si emoziona, chi tira avanti con una smorfia di disapprovazione. È il bello dell’arte pubblica, pensata per entrare nel tessuto urbano, per dialogare con la gente. È arte partecipata, fruibile a tutti, esposta ad ogni genere di interazione.

Non è la prima volta che Jago, originario di Frosinone, sceglie Napoli come dimora delle sue opere. Dal 2019 la Basilica di San Severo fuori le mura, alla Sanità, accoglie il suo Figlio velato, la scultura ispirata al celebre Cristo velato della Cappella Sansevero, realizzata a New York. Ai Vergini, nella chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, restaurata grazie alla sinergia tra Fondo edifici di Culto del ministero dell’Interno, Curia napoletana e padre Antonio Loffredo, Jago da circa un anno ha il suo studio.