Ho aggiornato il contenuto della pagina il 4 Settembre 2022

Patmos era nella mia lista. L’isola dell’Apocalisse di San Giovanni, sperduta nell’Egeo, più vicina alla costa turca che alla Grecia: sapevo questo e nient’altro.

Sono sbarcata di notte, dopo otto ore di navigazione dal Pireo. Patmos si raggiunge solo via mare. Non c’è aeroporto e questo la preserva ancora un po’ (ma c’è un via vai di piccole e grandi navi da crociera). È un’isola grande o forse la sua forma curiosa la fa percepire più grande di quello che sia. Dicono che, a guardarla dall’alto, abbia la sagoma di un cavalluccio marino. Motorino o auto sono necessari. Skala è il centro dell’isola ed è proprio geograficamente al centro dell’isola: è il porto ed il villaggio più densamente abitato anche d’inverno. Ma il simbolo di Patmos è la sua Chora bianca costruita a grappolo ai piedi dell’imponente monastero di San Giovanni Teologo.
Leggerete ovunque che Patmos è stata eletta dal governo greco “Isola sacra” (si contano oltre 350 chiese e piccole cappelle) e che è nell’elenco dei siti Unesco (per il Monastero e la Grotta di San Giovanni). Così come potete trovare centinaia di scritti su Patmos e la sua storia.
A me piace piuttosto scrivere le mie tips di viaggio. Sono impressioni e suggerimenti in ordine sparso dopo 12 giorni sull’isola.

1) La Chora, il Monastero e i Mulini. È un labirinto di stradine strette, case basse, passaggi con volte di legno, minuscoli slarghi e una piazzetta dove si concentrano un pugno di baretti, un ristorante e un paio di boutique modaiole. Molti si fermano qui, ma la bellezza vera della Chora è nelle stradine solitarie che bisogna percorrere senza meta, perdendosi e ritrovandosi. Tra gatti, antiche porte, scorci improvvisi, ripide scalinate e belle scoperte come il monastero di Zoodohos Pigi (visitabile solo di giorno) e, a pochi passi, Simantiri Masnion, la casa museo  dove Stefanos, trent’anni circa, racconta la storia della sua famiglia e di questa casa che è la più antica di Patmos, del 1625 (biglietto di 4 euro). Il Monastero fondato nel 1088 è una cittadella fortificata, una minima parte è aperta al pubblico e la visita è d’obbligo. I mulini a vento sono 3 (due sono di fine ‘500 ed uno risale al 1863), tutti ristrutturati nel 2010, sono appena fuori l’abitato.

2) Il tramonto a Profeta Elias. Per il tramonto più bello bisogna salire al piccolo monastero di Profeta Elias, arroccato nel punto più alto dell’isola (269 metri), nel versante sud-occidentale, selvaggio e pressoché deserto. Tutto bianco, solitario e spalancato sull’Egeo. Dalla Chora andando verso Diakoftis dopo circa 1 km c’è la deviazione Pofhet Ilias, si continua fino ad una biforcazione della strada: qui dovete proseguire sulla destra, la stradina si inerpica per circa 1 km, sempre asfaltata, fino a raggiungere il monastero. Una manciata di gradini in pietra portano in cima, ci si siede sui muretti imbiancati a calce e si aspetta il tramonto. Il panorama è immenso e a 360 gradi. Da un lato si vedono le Cicladi, dall’altro la costa turca. Il monastero risale al XVII secolo, a Luglio, tra il 19 e il 20, apre al pubblico.

3) Il sentiero per la Spiaggia di Psili Ammos. La spiaggia di Psili Ammos (sabbia fine in greco) è a sud ovest dell’isola, con le sue tamerici secolari, dai tronchi ritorti e giganteschi, è sicuramente bella, ma è il sentiero da percorrere a piedi che la rende una destinazione speciale. Un sentiero stupendo che si imbocca da Diakoftis (è ben segnalato) e che si arrampica sul costone tra un saliscendi di rocce rosse, pietre, vegetazione mediterranea bassa e grandi aperture sul mare e tutta la baia di Stavros. Sono poco più di venti minuti di cammino, senza particolari difficoltà. Le scarpe chiuse sono preferibili. Superata una prima baia, si arriva a Psili Ammos: una mezza luna di sabbia chiara, tamerici e una taverna con due muli che due volte al giorno percorrono il sentiero per trasportare la spesa all’andata e la spazzatura al ritorno. Non arrivano luce elettrica ed acqua, c’è un grande generatore accanto alla taverna. Se si è attrezzati con torce per il ritorno è bello fermarsi per il tramonto.

4) La piccola baia di Kalogiron. Una minuscola baia, quasi nascosta, a Nord dell’isola. Si arriva dal villaggio di Kampos, la strada (asfaltata) via via si inoltra nel nulla, paesaggio quasi desertico, vegetazione bassa sferzata dal vento e nient’altro. Dopo circa 2,5 km, sulla destra appare una chiesetta bianca, Aghios Georgios. Da questo punto la strada scende, tornante dopo tornante sino alla spiaggia. Dall’alto, la baia è un incanto, piccola, verde di coltivazioni e alberi, con un monastero bianco, cinto di mura, che sembra più una fattoria – per i campi coltivati che lo circondano, che un luogo sacro. La spiaggia è di sassi con grandi tamerici. Da un lato c’è la casa baracca di un pescatore, un groviglio di reti e barchette da pesca, bandiere della Grecia che sventolano e un precario molo di legno. Sul lato opposto c’è una taverna che in realtà è una vecchia roulotte con una sorta di patio-veranda sul mare. Posizione, accoglienza e cucina che valgono la sosta. Qui abbiamo mangiato benissimo. In fondo alla spiaggia, dal lato dei pescatori, c’è il cancello di legno che si apre sul viale che porta al monastero oggi abitato dalla sua custode, Christina, da un mulo e un numero imprecisato di gatti. Sulla mappa è chiamato Kimiseos Theotokou. Fu fondato da un monaco eremita nel 1798, tale Parthenio; nel corso dell’Ottocento la chiesetta fu dedicata alla Vergine motivo per cui i locali lo chiamano “monastero di Panaghia”.

5) Arrampicarsi su Kallikatsou. La baia di Petra si trova tra Grikos e la Chora, sul versante sud orientale: al centro c’è il monolite di Kallikatsou, alto una sessantina di metri. Non è una roccia come tante, gli archeologi hanno trovato tracce che risalgono al 1600 avanti Cristo, molto probabilmente era un tempio dedicato ad Afrodite, con altari per le offerte e le cerimonie. Dal VII secolo pare sia stato abitato da eremiti cristiani. Arrampicandosi fino in cima si vedono anfratti, piccole grotte, nicchie scavate nella roccia e gradini. Non è difficile salire, ma ho sentito un’energia strana, quasi sinistra, tanto da avere le vertigini. In alto però la vista è magnifica.

6) Didimes e altre spiagge. In 12 giorni abbiamo visto tutte le spiagge, evitando quelle più antropizzate, con lettini e ombrelloni. Patmos non ha sabbia fine e acque turchesi come le Cicladi: ovunque ci sono ciottoli (solo Psili Ammos ha sabbia), più o meno grandi e spesso scomodi (le scarpette saranno utili). Le Spiagge Gemelle o Didimes, a nord est, sono belle e selvagge, in una c’è una piccola taverna. Livadi Geranou, facile da raggiungere in auto, con tamerici e una taverna buona sulla strada. Petra ha una parte centrale attrezzata con lettini e ombrelloni e un baretto. Io ho preferito le calette che si raggiungono a piedi (o in auto da Diakoftis): solitarie, appartate, popolate da qualche nudista. Da vedere anche le spiagge di Lampi (con taverna) e Vagia, entrambe a Nord.

7) Un giro in barca. Ci sono pescatori che noleggiano per un giorno il proprio caicco (al molo di Grikos, chiedete di Manolis) è l’ideale per raggiungere tante piccole cale altrimenti inaccessibili, così come fare una puntatina alla vicina isola di Arki.

8) L’azienda vinicola Patoinos. Nella baia di Petra c’è l’unica azienda vinicola di Patmos, Patoinos Terre dell’Apocalisse. Tre ettari in tutto e un’antica casa colonica dove si viene accolti per la degustazione.  Fondata nel 2011 da Josef Zisyadis, svizzero di origine greca, è gestita da un giovane enologo italiano, Federico Garzelli, e dalla sua compagna Eirini Daouka, greca. Nei due ettari di vigneto sono allevati con medoto biodinamico l’Assyrtico, vitigno a bacca bianca tipico di Santorini, e il Mavrothiriko a bacca rossa. Si vendemmia ad agosto e la vinificazione è solo in acciaio. Ogni anno sono prodotte circa 5000 bottiglie, tre etichette: un bianco secco, un rosso e l’orange. L’azienda su appuntamento è aperta al pubblico, Federico guida la visita in vigna e la degustazione di tre vini. Patoinos è anche un bel progetto di agricoltura naturale, con ricerca e banca dei semi tipici, orto, un uliveto di un ettaro, tutto sotto l’egida si Slow Food.

9) Dove dormire e mangiare. Nella Chora si affittano le case più belle e di charme, è la destinazione di habitué storici dell’isola. A Skala ci sono tanti piccoli alberghi e si è al centro: qui si concentrano tutti i servizi dell’isola. Io sono stata nella piccola baia di Sapsila che è pochi minuti da Skala e sulla strada per la Chora, abbastanza centrale ma fuori dal caos. Ho dormito al Patmos Garden Sea: una tipica casa divisa in mini appartamenti da una o due stanze, tutte con vista mare, un bel giardino con alberi di fichi intorno e una piccola spiaggia privata ed esclusiva. Rapporto qualità prezzo ottimo (gli arredi e il decor sono datati e decisamente da rivedere). Il mangiare non posso dire che sia superlativo, cucina greca di livello medio. La mia lista personalissima è: Vagellis nella piazzetta della Chora (bisogna prenotare giorni prima in agosto), Flisvos e Ktima Petra sono due belle taverne molto greche tra Grikos e Petra. Benetos in zona Sapsila, tanto decantato, non vale la pena per cena, meglio come tappa per un drink after dinner. Per le taverne in spiaggia: prima fra tutte quella di Kalogiron, poi Lampi, Psili Ammos e Livadi Geranou. Per un aperitivo al tramonto c’è Oklacà a Skala: è la locanda (tre stanze sul mare) ristorante di Monica ed Enrico, napoletana lei e italo-tedesco lui. Cucina italiana, vini greci buoni (Monica è sommelier), cocktail e qualche sincretismo italo-greco come la Feta alla puttanesca. Al tramonto l’aperitivo viene servito ai tavolini sotto le tamerici sul mare con qualche tapas su richiesta. Per la prima colazione: il Bar Houston nella piazza di Skala (ottimo lo yogurt con miele locale, cannella e noci); il Caffè Vagia con giardino e terrazza vista mare sulla baia di Vagia propone torte fatte in casa e la Bakery in Chora per la torta di mele.

10) Cosa comprare. Le “preghiere cucite” del Monastero. Sono una sorta di francobolli di tessuto cuciti a mano dai monaci che contengono all’interno un frammento di preghiera scritto su carta. Sono benedetti e vengono considerati piccoli talismani si comprano nel piccolo shop appena fuori il Monastero (3 euro). Poi c’è il miele locale: Patmos alterna dorsali brulle e arse dal sole e dal vento a piccoli boschi di conifere, grandi alberi di eucalipto, lentischi, ulivi. Le api allevate qui danno un miele che profuma di tutta questa macchia mediterranea. Si può comprare al supermercato AB a Skala, (1 kg 14 euro).

Infine un dato non trascurabile, Patmos è davvero dog friendly. Nina ha apprezzato.