Ho aggiornato il contenuto della pagina il 29 Marzo 2022

La Valle dell’Inferno è uno dei sentieri più belli del Parco nazionale del Vesuvio. È il tracciato che si snoda tra il monte Somma, antico vulcano, e il Vesuvio, a circa quota 1000.

Sulle mappe del Parco corrisponde al sentiero giallo, il n°1, con partenza dal comune di Ottaviano. Ma io ho fatto il percorso ad anello che si imbocca dal Rifugio Imbò lungo la strada carrabile (la strada provinciale 114) che porta al Gran Cono. Lasciata l’auto al parcheggio a quota 800 metri (la prenotazione e il pagamento del posto auto devono essere fatti necessariamente online, il costo è di 6 euro ad auto qui il link www.parkingsuvio.it), si procede a piedi o con il servizio navetta fino al Rifugiò Imbò che trovate dopo circa 1 km sulla sinistra.

Questo primo tratto di strada carrabile costeggia la Valle del Gigante e la grande colata lavica del 1944, un immenso fiume di lava.

Il Rifugio Imbò, ristrutturato in chiave sostenibile qualche anno fa, interamente rivestito di doghe di legno, con ampie vetrate sulla valle, è oggi incomprensibilmente chiuso e abbandonato a se stesso. Era stato destinato a biglietteria per il Gran cono e centro di documentazione, ma sarebbe perfetto come punto di accoglienza, bistrot e museo del Parco Nazionale Vesuvio. Tralasciando quello che in questa regione si potrebbe fare e non si fa, imbocchiamo il sentiero seguendo la segnaletica gialla e l’indicazione Valle dell’Inferno.

Il primo tratto è in discesa, si entra in quella che era l’antica caldera del vecchio vulcano. Sul lato sinistro si costeggia la parete occidentale del Monte Somma, si scorge punta Nasone e i cosiddetti Cognoli di Levante, ovvero la cresta del Somma con le sue curiose forme rocciose. Sulla destra appare sempre il gran cono del Vesuvio. Si cammina su depositi piroclastici, per lo più sabbia e ghiaia. Dopo circa 2 km si arriva ad una piccola radura, ai piedi della parete rocciosa del Somma: c’è un piccola nicchia con una statua della Madonna che guarda il gran cono del Vesuvio. È l’ancestrale bisogno di sacro e di protezione davanti alla potenza della natura.

Alzando lo sguardo verso l’alto si vede nella parete rocciosa un arco naturale che è chiamato l’Occhio del Diavolo, ma in realtà ha la forma di un cuore.

La Valle dell’Inferno era chiamata così in passato perché il paesaggio era brullo e ostile ad ogni forma di vita per le eruzioni, col tempo una fitta vegetazione ha rivestito le antiche colate laviche e fino al grande incendio dell’estate 2017 era una valle ricca di ginestre, fiori, conifere. Oggi si cammina in un paesaggio che ha qualcosa di fiabesco e sinistro al tempo stesso: i rami bruciati delle grosse ginestre disegnano intrecci e sculture curiose; le conifere sono state divorate dalle fiamme, restano al suolo enormi tronchi bruciati, ma stanno germogliando anche nuovi piccoli alberi. Dopotutto questa è una terra che nasce dal fuoco e che al fuoco resiste.

Il sentiero è ben tracciato e alterna paesaggi vulcanici diversi: le belle formazioni laviche a corda (chiamate così perché la roccia nera ha una forma simile alle grosse gomene delle navi arrotolate e sovrapposte), le bombe eruttive, le fratture generate dalle eruzioni, i licheni. La prateria di ginestre è stata fortemente compromessa dall’incendio del 2017, ma giovani cespugli stanno ripopolando la valle.

Il percorso dopo circa 6 km arriva al cosiddetto Largo della Legalità, punto di sosta e ombra per la presenza di qualche albero, da qui si procede in salita e si incrocia l’antica strada Matrone chiamata così perchè costruita da Gennaro e Antonio Matrone nel 1894 per portare i primi turisti sulla cima del cratere.

Dopo 9 km si chiude l’anello che ci riporta al Rifugio Imbò, punto di partenza e fine della camminata. Siamo a quota 973 metri, a pochi passi si può raggiungere il piazzale di quota 1000 e intraprendere l’ascesa al cratere del Gran Cono.

Informazioni: il percorso è di media-alta difficoltà, per lo più sempre esposto al sole, da evitare nei mesi caldi.
Lunghezza: 9,5 km. Dislivello totale: circa 350 metri.
Non c’è segnale telefonico per gran parte del percorso.
E’ consigliato almeno 1 litro d’acqua.
Escursione fatta il 26 marzo con la Guida Ambientale Escursionistica Roberto Iovinelli